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Una vita sognando l’avventura: Emilio Salgari

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Storia di vita e racconti dell’autore che creò il mito di Sandokan

Ci sono storie rimaste indelebili nella mente di ogni ragazzo e, spesso, dietro ad esse ci sono autori dimenticati. Emilio Salgari è uno di questi. Tutti conoscono ciò che scrisse, ma pochi conoscono la sua storia.

I pirati della Malesia o meglio Sandokan e le tigri di Mompracem, i pirati delle Antille. Sono racconti entrati nel mito, popolati da personaggi coraggiosi e ambientati in luoghi esotici descritti con tale maestria che si stenta a credere che Salgari quei luoghi non li vide mai.

Emilio Salgari

CHI ERA EMILIO SALGARI

Nacque a Verona nel 1862 e, dopo aver fallito l’impresa di diventar capitano di marina perché abbandonò gli studi all’istituto nautico di Venezia, iniziò la sua attività di giornalista. Aveva una gran fantasia Salgari. Esordì come scrittore nelle appendici del settimanale milanese La Valigia con il racconto a puntate “I selvaggi della Papuasia”.

In seguito alimentò la sua immaginazione documentandosi con mappe e resoconti di viaggio. Nel 1883, furono pubblicati nel quotidiano La Nuova Arena, il romanzo “Tay-See” (riedito col titolo La Rosa del Dong- Giang nel 1897), poi “La tigre della Malesia” (riedito come le Tigri di Mompracem), che ebbero un notevole successo, ma nessun ritorno economico per l’autore. A quelle storie ne seguirono altre come “La favorita del Mahdi”.

Salgari non vide mai i posti di cui scriveva, eppure li immaginò talmente bene che ispirò generazioni di bambini a sognare avventure in terre lontane. Fu un pioniere delle storie fantastiche, scriveva e immaginava, senza mai spostarsi da casa.

Quando decise di farlo fu nel 1894. Si trasferì da Verona, dove aveva fatto carriera come redattore de L’Arena e sposato l’attrice di teatro Ida Peruzzi, al Piemonte per lavorare con l’editore Speirani. Nel 1898 la famiglia si trasferì definitivamente in corso Casale 205 a Torino.

Da qui Salgari poteva facilmente raggiungere in tram la biblioteca civica Centrale, dove trovava mappe e racconti di viaggi esotici che costituivano la base per le sue storie. Tra il 1892 e il 1898 pubblicò circa una trentina di opere. Nel solo triennio 1894-1896, sempre con Speirani, pubblicò cinque titoli: Il tesoro del presidente del Paraguay, le Novelle marinaresche di Mastro Catrame, Il re della Montagna, Attraverso l’Atlantico in pallone e I naufragatori dell’Oregon.

Il motivo di tutto questo lavoro, però, non era un’improvvisa esplosione di creatività ma i debiti da saldare e che Salgari continuava ad accumulare. Infatti per incrementare i sussidi economici nel 1896 lo scrittore firmò un altro contratto con l’editore genovese Donath. Il 3 aprile 1897, su proposta della regina d’Italia Margherita di Savoia, fu insignito dalla Real Casa del titolo di Cavaliere dell’ Ordine della Corona d’Italia.

Ciononostante la sua situazione economica non migliorò, anzi, a partire dal 1903 la moglie iniziò a dare segni di follia e nel 1911 i debiti della famiglia triplicarono perché Salgari decise di farla ricoverare in manicomio. A questa pesante situazione si aggiunsero anche le critiche dei circoli letterari dell’epoca che contribuirono a far germogliare in Salgari il seme della depressione

VITA E DRAMMI DI EMILIO SALGARI

La prima volta che tentò il suicidio fu nel 1909 gettandosi sopra una spada. Fu salvato appena in tempo dalla figlia Fatima. Questo tentativo fu solo il preludio di una tragedia, a lungo premeditata, che ebbe compimento la mattina del 25 aprile 1911.
Quel fatidico giorno Salgari uscì dall’appartamento con un rasoio nascosto nella giacca. Disse che andava a prendere il solito tram, ma prima di varcare l’uscio di casa per l’ultima volta, lasciò sul tavolo tre lettere. Una per i figli, una per i giornali ed una per i suoi editori.

Gli scritti contenevano le indicazioni per ritrovare il suo cadavere in uno dei “burroncelli” del bosco di Val San Martino, sopra la chiesetta della Madonna del Pilone, la zona collinare che sovrasta il corso Casale di Torino. Oggi parco di Villa Rey.

A ritrovarlo, però, fu una lavandaia salita al parco per far legna. Il mal di vivere gli aveva straziato l’anima a tal punto che decise di porre fine ai suoi tormenti con il rasoio. Si fece un harakiri. I suoi funerali avvennero al Parco del Valentino. Passarono quasi inosservati perché, in quei giorni, Torino era impegnata con l’imminente festa del 50° Anniversario dell’Unità d’Italia.

Tutto ciò che oggi resta di Emilio Salgari, di questo sognatore, sono i suoi racconti. La sua tomba, infatti, da Torino è stata traslata nel famedio del cimitero monumentale di Verona.

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