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Ninfea: storia di un fiore che ispirò l’arte di Monet

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Dai miti alla simbologia, la ninfea è un fiore che ha caratterizzato non solo la storia ma anche l’arte del pittore Claude Monet

Nel linguaggio dei fiori è un simbolo di purezza e innocenza. Nella storia il suo nome è racchiuso in numerosi miti e leggende. Nell‘arte i suoi petali a forma di stella hanno reso celebri i quadri di Monet. La ninfea, pianta acquatica appartenente alla famiglia delle nymphaeaceae che si può trovare in Asia, Sud America, in giardini botanici come quello di Pamplemousse a Mauritius e nel Parco Sigurtà, è custode di storie in cui la natura incontra la bellezza e la creatività umana.

I MITI LEGATI AL FIORE DI NINFEA

Il nome nymphaea deriva dal termine greco nymphé che secondo la mitologia greca era una ninfa, dea delle acque. La pianta era molto diffusa anche nell’antico Egitto dove cresceva sulle acque del Nilo. Gli egizi, infatti, veneravano il “Fiore di loto” e lo dipingevano nei geroglifici: era un motivo decorativo per le pareti ed un ornamento funerario ritrovato in numerose camere sepolcrali. Nella simbologia e nell’arte cristiana, invece, il fiore di ninfea era simbolo di purezza, castità e carità grazie alla sua capacità di fiorire in acque paludose senza infangare la propria bellezza e per le sue grandi dimensioni che permettevano con pochi fiori di creare voluminosi bouquet.

Dall’Europa al Sud America queste piante sono state protagoniste di leggende affascinanti come quella che si racconta fra la popolazione indigena dei Tupi in Amazzonia in cui una fanciulla innamorata della luna, chiedendo agli Dei di essere trasformata in una stella per arrivare in cielo, non ricevendo un segno divino, una notte si recò con la sua canoa al centro di una palude per toccare la luna nel punto in cui si rifletteva nell’acqua, ma cadde e annegò. Gli dei impietositisi decisero allora di trasformarla in un fiore a forma di stella: una ninfea.

Il Giardino di Claude Monet

LE NINFEE NELL’ARTE DI MONET

Nella cultura orientale la ninfea è considerata il simbolo dell’alba poiché alcune varietà che si aprono solo durante il giorno. Il culto delle ninfee nell’arte si diffuse grazie al giapponismo cioè all’influsso che la cultura giapponese ebbe sull’arte occidentale nel XIX secolo, ma colui che rese queste piante protagoniste di opere dal fascino senza tempo fu il pittore Claude Monet.


Nato a Parigi nel 1840, Claude Oscar Monet, si appassionò di pittura fin da piccolo e frequentò per tutta la sua vita gli ambienti artistici di Parigi dove conobbe altri pittori come Delacroix, Courbert, Pissarro, Renoir, Bazille e Sisley. A partire dal 1883 si stabilì a Giverny dove visse insieme alla seconda moglie Alice Hoschedé in una vecchia casa colonica vicina al fiume Epte.

Nel 1893 riorganizzò il frutteto di casa trasformandolo in un giardino fiorito con un laghetto le cui sponde furono unite da un ponte giapponese. Intorno a quel laghetto e alle sue ninfee, Monet diede una svolta al suo stile pittorico passando dal paesaggio a campo largo dell’en plein air, alla visione ravvicinata ispirata inizialmente dalle stampe giapponesi per l’importanza che davano alla luce e ai colori.

La sua ricerca pittorica e i suoi studi sulla luce e i colori, nati proprio dipingendo le ninfee, sono tutt’oggi considerati fondamentali per la storia della pittura impressionista nonché precursori dell’arte astratta di Kandinskij e delle successive avanguardie. A partire dal 29 agosto 2020 sarà possibile ammirare i quadri delle Ninfee nella mostra “Monet e gli impressionisti” che avrà sede a Palazzo Albergati a Bologna.

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