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La Shwedagon Pagoda e i gioielli birmani

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Con il suo stupa d’oro arroccato su una verde collina, la Shwedagon Pagoda troneggia sui tetti in lamiera di Yangon come un’oasi di pace nel caos della città. Fedeli da tutta l‘Asia la visitano ogni giorno perchè al suo interno racchiude i tesori più preziosi del Myanmar.

Yangon_ShwedagonPaya_Giorno

L’abbiamo visistata di buon mattino entrando dall’ingresso Est, il più vicino al nostro hotel, e così abbiamo avuto l’occasione di scoprire anche il nostro folkloristico quartiere e i suoi abitanti.

Yangon mappa 1

Abbiamo superato botteghe con artigiani che intagliavano il legno, case da the e un mercato coperto composto da passaggi stretti, quasi claustrofobici, che lo rendevano un dedalo di stoffe e cianfrusaglie. Abbiamo salutato una donna che vendeva centinaia di piccoli uccellini stipati in una grande gabbia, e acquistato, per le insistenti richieste di tre bambini, i sacchetti di plastica con cui portare le scarpe nella salita a piedi nudi verso la pagoda.

Passo dopo passo abbiamo percorso una scalinata coperta da un soffitto in legno decorato ai cui lati trovavano posto negozi con oggetti religiosi e cibo. I gradini terminavano davanti ad un checkpoint con metal detector dopo il quale si trovava la biglietteria: “cinque dollari per gli stranieri” ci ha avvisato la commessa. Li abbiamo pagati volentieri perché quanto stavamo per ammirare lasciava senza parole.

schwedagon

Oro, diamanti, rubini, smeraldi sono solo alcune delle centinaia di pietre preziose poste sullo zedi, ovvero la cima della Shwedagon Pagoda alta 99 metri, ma quel tesoro di gemme lucenti era solo l’involucro di un patrimonio più grande custodito da secoli.  La leggenda, infatti, narra che la Shwedagon Pagoda nacque dall’incontro tra due mercanti, i fratelli Tapussa e Ballika, e Buddha che affidò loro otto dei suoi capelli affinchè li portassero al re della Birmania, Okkalapa. Quando il sovrano li ricevette in dono, li racchiuse, insieme ad altre reliquie, in uno stupa d’oro che venne a suo volta incluso in altri blocchi d’argento, stagno, rame, piombo, marmo e infine di ferro. Il tempio originario fu costruito tra il VI e il X secolo sulla Singuttara Hill, visibile da ogni angolo della città, e ricoperto in lamine d’oro a partire dal XV secolo.
Nel corso degli anni la struttura fu colpita da terremoti e saccheggi, ma nonostante ciò continua a splendere, mentre i suoi quattro accessi, uno per ogni punto cardinale, sono protetti da coppie di giganteschi Chinthe, ovvero le statue alte 9 metri, di creature mitologiche metà leoni e metà grifoni.

Shwedagon2

Camminando a piedi nudi sui ruvidi tappeti di plastica verde che circondano lo stupa principale, mentre l’odore dell’incenso profumava l’aria, abbiamo notato che ogni fedele, portando dei fiori, si inginocchiava per pregare davanti ad uno dei dodici tempietti che, intorno al grande stupa, indicavano i punti planetari corrispondenti ai giorni di nascita. Affascinati da quei rituali ci siamo silenziosamente seduti sui gradini esterni di un tempio, mentre al suo interno un’anziana donna, dal viso rugoso e la schiena curva, con una piccola scopa puliva il pavimento davanti al sorriso benevolo di una grande statua di Buddha. Siamo rimasti immobili e in silenzio per un tempo non precisato, godendoci la pace del luogo sino a quando due signore hanno interrotto i nostri pensieri per chiederci di posare per una foto. In quel momento abbiamo realizzato d’essere i soli occidentali presenti. Senza accorgercene eravamo diventati un’attrazione turistica ed imbarazzati per l’interesse che stavamo suscitando, lentamente abbiamo rivolto un ultimo sguardo alla grande pagoda d’oro prima di incamminarci nuovamente verso le trafficate e caotiche strade di Yangon…..Il racconto prosegue nel prossimo articolo.

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